TESTI OPERE

POESIA E MUSICA NELLA NATURA

– LA PITTURA DI CONSOLI: UN CANTO ALLA VITA –

 

PAESAGGI

“… Carmelo Consoli adora il sole più dei pittori di macchia e di impressioni, più delle lucertole, più delle cicale. I suoi quadri, infatti, hanno sempre le vele spalancate e liete della luce. Una luce che diventa bagliore di mezzogiorno estivo e dilatazione di metallo rovente quando Consoli, premuto da improvvise istanze liriche, la spinge verso miti panici e mistiche trascendenze. Paesini lontani solennemente inquadrati tra prismatiche distanze, promotori aderbati, fioriture campestri, dalle pure innocenze di battesimo, presente e passato, realtà e sogno, sorriso ed accigliamenti, paci ed onde, favole e canto. Ecco i motivi predominanti di questo autentico artista, motivi eterni che nessuna rivolta artistica potrà mai cancellare”.

 

Geppo Tedeschi   Febbraio 1966

 

 

 

 

 

Nell’opera di Consoli si trova una purezza naturale fatta di spazi, di profumi, di meditazioni, di nostalgie di voci impalpabili e di fruizioni estetiche. La sua arte “en plain air”, diventa quasi un diario costruito sul colore e sulla libertà dove luogo, il piccolo borgo, i declivi collinari, le struggenti solitudini del Trasimeno, i silenzi straordinari, il verde dei prati, l’abbandono di qualche vecchio casolare ritmano una gioia che si spande come un pulviscolo di fiore nella solennità espressiva del racconto. In fondo quadri più sentiti che vissuti, sensazioni calde offerte con l’intensità di chi prova le consolazioni della natura, come un calarsi tra le luci di una primavera mai spenta di chi ascolta echi e risonanze, turgori e sussulti, dolcezze e sogni.

 

Duccio Travaglia                               Gennaio 1985

 

 

 

 

VECCHIE CASE E BORGHI

INTRODUZIONE

 

Una finestra, una persiana cadente, vecchie mura, un periclitante tetto spiovente, panni stesi.

Case che si sorreggono, appoggiate tra loro, quasi per non cadere, antichi borghi arroccati su un poggio, nascosti, appartati. Quante vicende, quante storie, quanta umanità tra quei muri consunti e screpolati: emozioni, gioie e dolori. La malinconia di un sogno irrealizzato, la felicità di un giovane amore, il canto di una donna, il riso di un bambino.

È tutto lì, racchiuso tra quelle mura. Racconti vissuti da un balcone all’altro, da una porta, da una finestra, tra stretti vicoli e ripide scalinatelle. La vita continua, la speranza ancora nel cuore, un’atmosfera di caldo silenzio. Un canto lirico che ancor più si fa struggente quando, alle crepe di un vecchio intonaco, si affida il racconto, rassegnato e sommesso, del trascorrere del tempo.

 

È una pittura che arriva da lontano, senza pretese di collocazioni temporali e senza necessità di classificazioni. Le case che si ammassano le une alle altre nei vecchi, remoti borghi d’Italia. Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna sono i luoghi dove si sofferma l’attenzione di Carmelo Consoli. Ma, strano a dirsi, nei quadri di quest’artista c’è un’unica “umile” Italia, che non ha bisogno di spiegazioni o di giustificazioni. È una terra che stava in queste forme e aveva questi colori e quei panni stesi al sole, prima che le legioni romane arrivassero. Inutile usare parole spropositate per questo pittore di incanti delicati ed emozioni fortissime. È un uomo che immaginiamo fermo a guardare come se intuisse verità mai passate di moda e che improvvisamente si dischiudono alla sensibilità di chi osserva.

Qualcuno si è anche chiesto chi siano i progenitori della intensa forma d’arte di Consoli. Noi, non sapremmo dirlo e aggiungiamo che non è importante. Quest’emozionante pittura non ha bisogno di giustificazioni retoriche. Esiste perché esiste un pittore che le dà vita: E questo è sufficiente.

 

Gianni Di Giovanni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SOGGETTI ASTRATTI E COMPOSIZIONI

 

Dipingere, per chi nasce pittore, è una necessità ineluttabile. È la vita. Una commozione continua nell’osservare, con l’animo puro degli umili, il meraviglioso svolgersi delle stagioni. Ma non è così semplice. Lotte, travagli, dubbi e privazioni sono il prezzo che il pittore paga. Prima il desiderio, poi la necessità di sperimentare, di liberarsi. La ricerca materica, tattile, il segno incisivo, il calarsi in una realtà, a volte drammatica che lo avvince. Tensioni nuove e vibranti lo attanagliano, l’urgenza del gesto, del graffio, dell’indefinito della vibrazione del colore che esplode.

Una tormentata lotta tra cuore e ragione, tra emotività e razionalità. Lo sforzo, a volte immane e doloroso, per fermare il pennello. Dubbi, poi, e ripensamenti, ma anche l’infinita e profonda gioia della nuova emozione conquistata.

                                                                                                                      C.C.

 

 

 

 

 

 

 

LAGHI E MARINE

 

Dovevo nascere pesce.

Non si può descrivere la sensazione di quando ti abbandoni, lontanissimo dalla riva, sulla superfice del mare, a braccia aperte con gli occhi su quell’abisso blu Prussia, quasi nero. È come volare in questa dimensione liquida che ti avvolge e ti culla.